venerdì 7 agosto 2020

VOCI ALLEATE: Intervento del collettivo EXTRAGARBO Il Campo Innocente | Santarcangelo Festival | 16.07.2020

Descrizione immagine: nella parte destra del riquadro, spostata verso il basso, appare la scritta “ALLA VISIBILITà COME COMPENSO. NO”. La frase è scritta con caratteri neri e maiuscoli. La parola NO è più grande delle altre. Sullo sfondo, in tinte pastello, sfumature di verde, violetto e lilla

Il 16 Luglio a Santarcangelo Festival abbiamo aperto un tavolo di immaginazione [transfemminista] per creare un percorso di autoinchiesta collettivo e capire cosa sta accadendo in era post-pandemica a artist, tecnic, lavorat dell’arte dal vivo. Nell'idea di mappare pratiche, punti di vista, posizionamenti, far emergere ciò che spesso resta invisibile abbiamo invitato altr a prendere parola per moltiplicare ed espandere il più possibile le istanze in campo. Quello che segue è l'intervento del Collettivo EXTRAGARBO


EXTRAGARBO è un collettivo di sei artist* basat* a Venezia che da un anno lavorano insieme fondendo le loro ricerche individuali per intervenire sul reale attraverso uno sguardo attento ai mutamenti. Quest’anno hanno partecipato a Santarcangelo Festival 2050 come  volontar* e come artist*, attraversando la città con delle incursioni performative “fragorose” e creando degli habitat estemporanei come parte del progetto THIS IS YOUR CAPTAIN, HE HE | isole querelas.


L’incontro aperto del Campo Innocente è stato uno spazio prezioso per il nostro collettivo perché ci ha dato l’opportunità di formulare delle questioni delicate e scomode che difficilmente avremmo potuto affrontare in un altro contesto. Abbiamo sentito l’urgenza di mettere in campo queste questioni proprio perché riguardano dinamiche di potere pervasive, sistematiche, di cui siamo tutt* vittime e complici allo stesso tempo.


Prendiamo parola dalla condizione precaria di student*/giovani artist*. L’ambivalenza di questa condizione è data dal fatto che da un lato siamo appetibili e produttori di plusvalore, e dall’altro siamo particolarmente vulnerabili e sfruttabili.

La prima domanda che ci poniamo, di conseguenza, è: 

Quali strumenti ci diamo per dire NO? 

Molto spesso sentiamo il bisogno di dire no, però non abbiamo alternative, e quindi un’altra domanda è:
come ci diamo collettivamente la possibilità di dire NO?

Il problema infatti, è che se dico NO da sol*, me ne assumo da sol* le conseguenze; servirebbe quindi che ci dessimo un metodo collettivo per permetterci di dire NO senza che io ne debba pagare le conseguenze come singol*.


Un’altra domanda che abbiamo sentito l’urgenza di formulare è: come evitiamo di essere complici e di alimentare un sistema che è tutto basato sul lavoro gratuito e/o sottopagato (tirocinio, servizio civile, volontariato)? 

Come facciamo a contrastare questo sistema quando le dinamiche che esso mette in atto condizionano perfino le realtà che ci sono care e alle quali ci sentiamo affini?

Noi stess*, come giovani artist*, nel momento in cui proviamo a mettere in piedi dei progetti da zero, ci troviamo spesso a dover porre come loro prima condizione di esistenza il nostro lavoro gratuito e/o quello di nostr* amic*/collegh* e conoscenze.

Come affermiamo la nostra legittimità come lavorat* dell’arte in una realtà che si regge in gran parte sul lavoro gratuito di tirocinanti e volontar*?

 

A questa considerazione se ne collega un’altra. Infatti ci sembra che in questo momento storico di riapertura post-pandemia, la questione non sia più solamente “Come resistiamo alla retorica della visibilità e della passione?”, ma “Come resistiamo alla stessa retorica della resistenza, della militanza, e della solidarietà?”

Come faccio a dire NO quando il discorso è: “se tu non ci sei, questa cosa non esiste” ? o quando mi viene detto: “c’è bisogno che tu abbassi le tue pretese a livello di condizioni di lavoro perché altrimenti non ce la facciamo”?

 

Tutto questo ci porta a chiederci concretamente: Cosa uscirà da questo incontro? Chi sono l* nostr* alleat*, chi sono l* nostr* referenti? A chi ci rivolgiamo? Come facciamo per delineare una metodologia che porti a una vera resistenza collettiva a questo sistema e che permetti di spostare i parametri del problema? E soprattutto, chi risponderà a tutte queste domande?